Ripresa e futuro economico non sono lontani se oltre a innovazione e salvaguardia dell’ambiente si applicherà riduzione dell’orario di lavoro e Cooperazione Coordinata.
Il Ministero della Transizione Ecologica, MiTE, è una delle novità di questo governo. Sarà il luogo dove verranno condotte, in collaborazione con una serie di altri di ministeri con portafoglio la maggior parte delle operazioni che dovranno cambiare il volto del nostro Paese. Ambiente, Energia, nuova mobilità, innovazione, agricoltura, la interdipendenza della sfida climatica e di quella energetica. Sarà il luogo che deciderà e sarà responsabile dell’utilizzo di circa 200 miliardi di euro del Recovery Fund. Il nuovo responsabile di questo dicastero è Roberto Cingolani un genio dell’innovazione riconosciuto tale non solo in Italia. Parla di intelligenza artificiale, di robot, di materiali sintetici creati utilizzando conoscenze della fisica, chimica, biologia, medicina. Ultimamente ha parlato di nuova energia nucleare e di idrogeno. E’ nel suo campo un genio, avanti di 30 anni e la sua idea di futuro piace molto alle aziende dell’innovazione, della new economy e della green economy, il nuovo capitalismo dei Bill Gates, Jeff Bezzos e Elon Musk. Uno scientificamente preparato, in una intervista ha apertamente affermato di essere contro gli allevamenti intensivi e l’uso eccessivo di carne: “Sappiamo che chi mangia troppa carne subisce degli impatti sulla salute, allora si dovrebbe diminuire la quantità di proteine animali sostituendole con quelle vegetali. D’altro canto la proteina animale richiede 6 volte l’acqua della proteina vegetale, a parità di quantità, mentre gli allevamenti intensivi producono il 20% della CO2 prodotta a livello globale. Modificando la nostra dieta, avremo un co-beneficio: miglioreremmo la salute pubblica, riducendo al tempo stesso l’uso di acqua e la produzione di CO2″. Non sappiamo se è vegetariano, se personalmente dà l’esempio e mette in pratica le sue idee ma sono affermazioni assolutamente veritiere e scientificamente provate. Insomma potremmo dire di avere tutto in prospettiva del cambiamento. E’ proprio così?
AFFRONTARE IL PRESENTE. Cingolani e il dicastero che gestisce, la squadra di tecnici e di politici che parteciperanno a questo supposto green new deal si troveranno ad affrontare, in condizioni socio economiche avverse, problemi come l’inquinamento, l’autosufficienza energetica, l’innovazione della pubblica amministrazione, la ripresa economica e di conseguenza anche le disparità economiche e la povertà che avanza investendo fette di popolazione sempre più consistenti. Ambiente, Economia, Socializzazione in un unica parola Sostenibilità.
Inoltre, non dimentichiamoci, chi richiede il cambiamento si troverà ad affrontare la situazione attuale che implica una mentalità e una cultura sociale che in Italia si porta il peso di una politica basata sulla “mazzetta”, sul nepotismo e sugli aiuti non soltanto all’amico ma al malaffare piccolo o grande che sia. Si troverà ad affrontare migliaia di leggi e leggine concepite non in funzione della salvaguardia del bene comune ma per favorire aiutare quell’imprenditore o quella categoria perché “crea lavoro” e porta voti per il partito. Le note firme che compongono il Governo Draghi, vanno avvertite che oltre alla Sostenibilità materiale dovranno affrontare un altro tipo di Sostenibilità quella Morale, che corrisponde ad un cambiamento di mentalità non solo a livello di leadership ma anche dell’intero Corpo Collettivo (tutti gli Italiani). Insomma va detto esplicitamente che fare innovazione assieme ad una classe politica piena di “mazzettari”, indagati, i cui rappresentanti talvolta sono finiti anche in carcere per collusione con le mafie, crimine organizzato, favoreggiamento e appropriazione di beni pubblici, ecc., non puoi pretendere di cambiare il mondo perché ti chiederanno e faranno quello che hanno sempre fatto: gestire il denaro pubblico per finalità di crescita del proprio partito e non del bene comune.
Parliamo di quella politica a cui la Bad Lobby italiana e straniera (uomini d’affari, gruppi di potere, multinazionali) si appoggia per avere favori attraverso emendamenti, proroghe, ritardi sull’applicazione di norme Comunitarie, ecc. Ora la domanda è, al di là dei buoni propositi e degli ostacoli che il governo si trova ad affrontare, gli obbiettivi, il programma annunciati dal neo Ministro sapranno davvero affrontare e risolvere i problemi sopracitati e far ripartire l’economia? Sapranno far progredire la società nonché continuare quel processo di salvaguardia dell’ambiente egregiamente e lotta al malaffare iniziato dal suo predecessore allo stesso dicastero Sergio Costa?
ANALISI DEL PROBLEMA . Oltre alle capacità manageriali ci vorranno: molto coraggio, determinazione e valori morali indelebili per affrontare quelle riforme necessarie per cambiare paradigma. In questo senso, le capacita professionali di alti ed eccelsi scienziati che compongono il governo Draghi non basteranno, anche se spero di sbagliarmi. Diciamo che allo stato attuale la modernizzazione, l’innovazione da sole non saranno sufficienti per affrontare il futuro socio economico. Perché ce lo suggerisce l’imminente economista P. R. Sarkar indiano, bengalese di nascita sul suo discorso breve tratto dal saggio “Problemi del giorno” (cap. 9)
“Effettivamente, l’uso della tecnologia scientifica avanzata significa una rapida meccanizzazione. I conservatori criticano a gran voce questa meccanizzazione. In realtà, tale meccanizzazione all’interno di una struttura capitalistica porta inevitabilmente più miseria per la gente comune, sotto forma di disoccupazione…. Questo perché quando le macchine raddoppiano la capacità produttiva, il lavoro umano richiesto viene dimezzato, così i capitalisti dismettono un gran numero di lavoratori dalle loro fabbriche”.
Una condizione che gli Italiani conoscono bene avendo fatto e tutt’ora fanno con la delocalizzazione della produzione e la globalizzazione del commercio di merci e servizi. Sono state fatte leggi per creare flessibilità nell’occupazione ma nonostante gli sforzi, la disoccupazione si è mantenuta alta e il potere d’acquisto della maggior parte degli italiani è diminuito contraendo i consumi. Comunque i sostenitori della globalizzazione neoliberista sono ottimisti e ci dicono che l’economia e i consumi possono crescere, è proprio così? Prabhat Ranjan Sarkar a riguardo risponde: “Coloro che vogliono promuovere il benessere sociale senza inimicarsi il capitalismo dovranno opporsi a questo tipo di meccanizzazione. Questo perché quando le macchine raddoppiano la capacità produttiva, il lavoro umano richiesto viene dimezzato, così i capitalisti dismettono un gran numero di lavoratori dalle loro fabbriche. Alcuni ottimisti potrebbero dire: “Sotto la pressione dei nuovi scenari, si troveranno altri modi per impiegare questi lavoratori in eccedenza in altri impieghi e lo stesso sforzo per trovare queste alternative accelererà il progresso scientifico, quindi il risultato finale della meccanizzazione sotto il capitalismo è, in effetti, un bene”. Questa visione, sebbene utile, non ha alcun valore pratico, perché non è possibile organizzare nuovi posti di lavoro per i lavoratori licenziati con la stessa rapidità con cui diventano lavoratori in eccedenza a causa della rapida meccanizzazione. I lavoratori in eccedenza vengono lentamente rovinati a causa della povertà e della fame. Alcuni di loro cercheranno di tenere insieme anima e corpo ricorrendo a piccoli furti, rapine a mano armata, dissolutezza e altri tipi di attività antisociali, ma questa situazione non è certamente desiderabile”.
Certo Sarkar si riferisce a una società in via di sviluppo, non avanzata come la nostra (lo scritto risale al 1959) ma questi fenomeni sociali sono aperti e vivi anche nelle nostre realtà con milioni di persone che sono state buttate fuori dal mondo del lavoro per questo motivo. Possiamo ricordare gli effetti collaterali sulla salute mentale dei lavoratori dovuti alla digitalizzazione. Sostenere la velocità dei sistemi informatici per un continuo e prolungato periodo di tempo oggi, ci dicono studi medici che portano a disturbi psico fisici con gravi conseguenze per la persona. Noi possiamo constatare che a questi meccanismi di disgregazione sociale, si è aggiunto il disadattamento psicologico dovuto alla forte pressione e stress mentale causato dalla perdita del lavoro che fanno vivere centinaia di migliaia di persone in povertà ai margini della società.
PROPOSTE E SOLUZIONI. Certo anche Sarkar ha affermato più di una volta che l’innovazione e lo sviluppo tecnologico non vanno fermati ma anzi, incentivati. Quello che lui critica è il sistema economico ed il modo, le finalità per le quali si utilizzano queste conoscenze scientifiche. Se come si dice tutti ricerchiamo la sostenibilità attraverso la transizione ecologica e l’innovazione tecnologica, per ottenere ciò vanno affermati tutti i tre principi che la sostengono: ambientale, economico e anche sociale. A questo proposito P. R. Sarkar dà delle soluzioni che, credo, siano oggi indispensabili per quella transizione necessaria ad accelerare il movimento sociale fuori dalla crisi pandemica ed economica in cui ci troviamo.
“In un sistema economico collettivo non c’è spazio per una situazione così malsana; in un sistema collettivo la meccanizzazione porterà a meno lavoro e più prosperità. Con il doppio aumento della produttività delle macchine, l’orario di lavoro degli operai si ridurrà della metà. Ovviamente la riduzione dell’orario di lavoro dovrà essere determinata tenendo conto della domanda di merci e della disponibilità di manodopera”.
P.R. Sarkar mette in in campo la combinazione di 2 elementi indispensabili per una politica sostenibile dell’innovazione: 1. Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario ; 2. Sistema economico collettivo (Socializzazione dell’economia attraverso un sistema basato sulla Cooperazione Coordinata).
Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Fino a qualche anno fa la riduzione dell’orario di lavoro veniva considerata oscena da più parti ma come spiega molto bene la giornalista de Il Fatto Quotidiano Chiara Brusin che in un articolo molto esauriente descrive un panorama mondiale attivo per quanto riguarda questa proposta di lotta alla disoccupazione e mantenimento del potere d’acquisto degli occupati soprattutto in considerazione della pericolosa situazione pandemia/depressione economica che si dovrà affrontare da subito. La giornalista esperta di Terzo Settore cita la giovane Premier Finlandese, 35 anni, Sanna Marin che qualche mese fa ha chiaramente espresso che occorre una concreta e chiara roadmap per ridurre dalle otto alle sei ore giornaliere l’orario di lavoro in funzione della crisi in atto. Gli fa eco, anche se per motivazioni leggermente diverse la Premier Neozelandese, 40 anni, Jacinda Ardern, che ha chiesto alle aziende di prendere in considerazione l’ipotesi della riduzione dell’orario per dare una spinta al turismo interno e al tempo stesso migliorare la conciliazione vita-lavoro. La Nuova Zelanda è un paese che come noi vive molto di turismo internazionale che ora sta calando quindi, per aiutare il settore cerca di rimpiazzarlo con il turismo interno, cosa che potremo pensare di fare anche noi. Evidentemente una risoluzione, quella della riduzione dell’orario di lavoro che sta molto a cuore alle nuove generazioni nonché donne, visto la giovane età delle proponenti. Non stupisce visto che sono loro a portare il peso della precarietà, del dover avere almeno due lavori per arrivare ad un salario decente e contemporaneamente sostenere le scelte di formarsi una famiglia e di crescere i propri figli.
Così le proposte avanzate del sindacato tedesco Ig Metall di arrivare a una settimana lavorativa di quattro giorni, seguito dalle proposte dei sindacati italiani Cobas e federati. Anche il recente Governo Conte bis, il Movimento 5 Stelle o la Sinistra Italiana hanno cavalcato lo slogan “Lavorare Meno Lavorare Tutti”. Uno slogan nato nel 68 ma che ora è diventato socialmente indispensabile, soprattutto per le donne che oltre al lavoro devono pensare anche ai figli, come ha spiegato in una inchiesta la trasmissione RAI Presa Diretta. Stessa trasmissione che riporta molti esempi della possibilità di applicare questa formula di riduzione degli orari. Si inizia a capire che la formula: dotarsi di innovazione tecnologica e riduzione degli orari di lavoro possono mettere d’accordo Sindacati e Proprietari d’azienda, soprattutto in funzione di una risposta concreta alla Crisi Economica nonché di un aumento della qualità della vita. Se si riduce l’orario introducendo l’innovazione come dice Sarkar: “Ovviamente la riduzione dell’orario di lavoro dovrà essere determinata tenendo conto della domanda di merci e della disponibilità di manodopera”; fa aumentare anche i profitti come dimostrano molte di queste esperienze. Solo quantità invece di qualità non funziona più ed è una politica da paesi economicamente non sviluppati. Un occupato italiano lavora il 27% più di un lavoratore tedesco e il 14% di un lavoratore francese ma nonostante le ore lavorate in più produce di meno. Maggiore ricerca significa, sicuramente innovazione e più possibilità di ridurre l’orario di lavoro, altrimenti innovazione diventa maggior sfruttamento con poche possibilità di competere con paesi privi di diritti dei lavoratori.
Sistema economico collettivo. Per far sì che l’innovazione e la transizione ecologica producano frutti sociali concreti e su larga scala è necessario secondo Sarkar una corretta applicazione della riduzione dell’orario di lavoro all’interno di un nuovo sistema economico che supporti la Sostenibilità. Passare da alcuni casi di vero progresso sostenibile come lo è oggi ad un sistema che supporti tale paradigma non sarà facile ma sicuramente percorso obbligato per uscire dalla crisi economica in cui è immersa gran parte del mondo. E’ sicuramente da guardare con interesse quello che si sta facendo da qualche anno in Germania. Condividere le scelte e le decisioni aziendali tra sindacati in rappresentanza dei lavoratori e Proprietà che rappresenta gli investitori portando per i lavoratori più anziani e quelli in part time (mamme e altri lavoratori disagiati) alla riduzione dell’orario a 28 ore settimanali con aumento salariale. Va meno bene l’aumento delle ore di lavoro da 35 a 40 ore per tutti gli altri anche se con aumento di salario. Questo esperimento ora lo si vuol riprendere su larga scala per l’emergenza Covid19 ma associazioni degli imprenditori ed i conservatori rispondono di No.
SOLUZIONI SOSTENIBILI. Il problema è quindi di sistema obsoleto. Un sistema con a capo una leadership che guarda al GRANDE PROFITTO e agli interessi di pochi anche a costo di passare sopra la dignità dei restanti “altri” che sono non meno del 70% della popolazione. Questo tipo di conflitto è lo stesso che si trovò di fronte J.M. Keynes quando dovette affrontare la Grande Depressione. Il grande economista disse che i soldi per rifondare l’economia li dovevano mettere gli Stati sovrani, i quali rifinanziarono le grandi aziende oramai al collasso e investì sulle grandi opere che avrebbero ridato lavoro perso da milioni di lavoratori. Come tutti sanno la guerra fece il resto. Ora la storia si ripete, a causa della pandemia e della crisi economica, l’Europa e gli Stati sovrani mettono ingenti capitali per far partire l’economia ma con due varianti differenti: A) tutti gli Stati hanno un debito pubblico e privato molto più pesante; B) un più alto livello di innovazione tecnologica in grado di sostituire più facilmente la manodopera. Come si riuscirà a ridare lavoro e dignità sociale non solo a chi era già in difficoltà ma anche a quelli che la depressione sociale ed economica sta creando?
Sarkar, anche attraverso le proposte avanzate nel suo sistema socio economico PROUT acronimo di Progressive Utilization Theory; Utilizzazione Progressiva della Teoria (economica), sostiene che il sistema va progressivamente riformato attraverso un processo di Socializzazione dell’economia basato sul principio della Cooperazione Coordinata. Il nuovo assetto a cui si dovrà progressivamente arrivare presuppone una razionalizzazione del sistema economico in forma tripolare: le industrie chiave; materie prime ed energia gestite dallo Stato, le piccole aziende individuali che si occupano di attività e beni non di primaria necessità e le Cooperarive che occuperanno agricoltura, tutti i settori di primaria necessità e tutto ciò che si potrà convertire in interesse collettivo.
Perché la socializzazione economica è necessaria per assicurarsi un equilibrio condiviso tra sviluppo tecnologico, esigenze economiche e progresso sociale? Perché il sistema cooperativo se corrisposto da un’amministrazione che, oltre a garantire alte qualità gestionali e professionali, possiede consapevolezza sociale e forti valori morali nonché una formazione permanente per tutti i soci che garantisca socialità e qualità professionali, funziona e produce benessere sociale ed economico diffuso.
Non è un salto nel buio, il Terzo Settore ed il mondo della Cooperazione in Italia sono testimoni di questo cambiamento che è già iniziato, dove il sentimento collettivo della Cooperazione Coordinata è diventato realtà tangibile. Un sistema Cooperativo funziona perché garantisce il posto di lavoro; combatte la precarietà; riduce la disoccupazione in quanto protegge i soci lavoratori anche in caso di contrazione di mercato; sono cittadini consapevoli in quanto proprietari dell’azienda; sostiene processi i redistribuzione e l’aumento del potere d’acquisto dei soci e delle loro famiglie; impedisce la delocalizzazione all’estero. Questi effetti positivi sono ben visibili come abbiamo detto nel terzo settore e nel mondo cooperativo che abbinano innovazione bilanciata, attenzione all’ambiente, e salvaguardia dei diritti della persona, combattendo lo sfruttamento. E’ un buon esempio che i Governi Nazionali e l’Europa devono incentivare. Promuovere in maniera concreta l’abbinamento di politiche di riduzione delle ore di lavoro in abbinamento alla socializzazione attraverso investimenti anche a fondo perduto è inevitabile, soprattutto in questo periodo che certamente vedrà il fallimento di molte attività e occupazioni per le quali sanno necessarie riconversioni o ricollocazioni in altri settori per garantire lavoro e potere d’acquisto.
Per uscire dalla stagnazione economica che la pandemia ha reso visibile a tutti, mettendo in chiaro i punti deboli del sistema, è necessario dotarsi di un’alternativa in grado di stabilire che potenziamento delle infrastrutture attraverso l’innovazione non può solo dare profitto per pochi ma anche lavoro e sufficiente potere d’acquisto per molti. Questa formula va tenuta sempre in considerazione in quanto è appurato e scientificamente dimostrato dall’economista Ravi Batra, esperto di analisi dei fenomeni riguardanti le crisi economiche, che la concentrazione del valore del denaro nelle mani di pochi crea Depressioni Economiche su vasta scala. Questa triste e spietata legge economica va governata solo con misure di distribuzione del valore della ricchezza. La combinazione della riduzione dell’orario all’interno di un sistema del lavoro fortemente socializzato è una delle soluzioni.
UN FUTURO NECESSARIO PER FAR FRONTE AL PRESENTE. Se nel 1928 il padre della rinascita economica dopo la Grande Depressione, John Maynard Keynes profetizzava che entro un secolo la settimana lavorativa si sarebbe fermata a 15 ore, Prabhat Ranjian Sarkar nel 1959, dà un’immagine dell’utilizzo della tecnologia proiettata in un futuro realmente sostenibile dove l’innovazione si pone al servizio del benessere collettivo raggiungendo traguardi oggi impensabili. “In un sistema economico collettivo l’uso benevolo della scienza porterà al benessere umano. È possibile che a causa della meccanizzazione nessuno debba lavorare per più di cinque minuti a settimana. Non essendo sempre preoccupati per i problemi di acquisizione di cibo, vestiti, ecc., le potenzialità psichiche e spirituali delle persone non saranno più sprecate. Potranno dedicare molto tempo ad attività come sport, attività intellettuali e culturali e pratiche spirituali”.
Utopia? Certamente No! Previsioni realistiche perché questa visione del futuro toglie di mezzo una variante costante dei sistemi capitalisti: lo sfruttamento psico economico. Molti si illudonoche uscire dalla pandemia per primi, come stanno facendo vari Paesi che gareggiano a chi riuscirà a vaccinare più velocemente la propria popolazione, credendo di portare la propria economia ad essere più competitiva nel panorama mondiale post Covid19, fa un errore che potrebbe pagare a caro prezzo. Le ferite che la globalizzazione ha creato al tessuto economico sono oramai troppo profonde e con la pandemia, che come un veleno ha infettato irrimediabilmente l’intero sistema, i vecchi metodi di cura non possono più essere utilizzati come rimedi. Né gli aiuti pubblici dati a grandi, medie o piccole aziende o per la ricapitalizzazione del sistema bancario; né licenziamenti e tagli degli stipendi; né la delocalizzazione di produzione di merci e servizi saranno in grado di salvare la nave che affonda se non si avanza verso il sentimento della Cooperazione Coordinata.
La pandemia ci sta facendo capire che la salvaguardia della vita è più importante degli interessi materiali dell’economia assieme ai milioni, miliardi di esseri umani che si sacrificano attraverso uno sforzo collettivo per mettere in sicurezza i più deboli. Popoli interi che si preoccupano e rinunciano a spostamenti e contatti per non trasmettere il virus, rendono forte e splendente il Sama Samaj Tattva, il Principio dell’Uguaglianza Sociale enunciato dal Neo Umanesimo di P. R. Sarkar. E’ la direzione che L’Europa ed il mondo giovane e progressista, non soltanto nell’età anagrafica, ma che come governati o rappresentati dei popoli e di milioni di esseri umani coscientemente stanno imboccando la via per salvaguardare universalmente l’esistenza, il benessere, le libertà di tutti. Solo percorrendo questa strada, anche in Italia l’utilizzo dell’innovazione tecnologica concorrerà ad aumentare resilienza, condivisione e partecipazione sociale stabilendo i primi passi verso la Democrazia Economica.
Dhruva Dante N. Faraoni
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